IL PARCO DELL’ETNA

 

 

           

Il parco dell’Etna è stato istituito, con decreto del presidente della Regione Siciliana, il 17 marzo del 1987. Il suo territorio ricade interamente in provincia di Catania e precisamente nell’area di 20 comuni, che sono i seguenti: Adrano, Belpasso, Biancavilla, Bronte, Castiglione di Sicilia, Linguaglossa, Maletto, Milo, Nicolosi, Paternò, Pedara, Piedimonte Etneo, Ragalna, Randazzo, Sant’Alfio, Santa Maria di Licodia, Trecastagni e Zafferana Etnea.

Il parco dell’Etna è tra i più grandi parchi ragionali d’Italia. Il suo ambiente è unico in quanto caratterizzato e frequentemente modificato dall’attività eruttiva del vulcano che impronta fortemente il territorio e condiziona la stessa economia delle popolazioni interessate.

Il parco copre un’estensione di 50.000 ettari ed è suddiviso in quattro zone: A (un terzo dell’intera area, già sottoposta da tempo a vincoli demaniali), dove non è consentita alcuna attività in contrasto con gli obiettivi  del parco; B ( anch’essa per una parte sottoposta a vincoli demaniali), può ospitare soltanto attività agro-silvopastorale; C riservata agli insediamenti diretti alla fruizione del parco (impianti sportivi, ricettivi e ricreativi; D,destinati a un insieme di attività consentite.

Zona A- Estesa 19 mila ettari, si trova su un vasto tratto di territorio che va da quota 870 metri sul livello del mare, nella zona di Monte Minardo, nel versante occidentale, sino ai crateri sommatali, a 3.300 metri. E’ formata, nella parte più elevata, dai crateri e dal deserto lavico. Dopo questa fascia si incontrano le formazioni pulviniformi ad astragalo e poi formazioni forestali vere e proprie notevolmente estese: Faggete, Betulleti, pinete e pino laricio, querceti di cerro, e nelle parti più basse boschi di roverella leccio.

Zona B- Analogamente alla zona A, questa fascia è presente nei quattro versanti e raggiunge la massima altitudine (1880) metri sul livello del mare in contrada Monte Vetore nel versante sud, mentre la quota più bassa (640 metri sul livello del mare) si trova alla base di Monte Gorna, nel versante est.

Estesa 26 mila ettari, è ricoperta in gran parte da formazioni naturali di pino laricio, cerro, roverella, leccio, oltre che da castagneti, vigneti e nocccioleti utilizzati da molti anni. Le aree boscate appartengono a privati, e in misura ridotta, al demanio forestale regionale e ai demani comunali. Sono presenti colate laviche recenti (1983) ed antiche. Famose sono le lave cordate di Piano Dammusi nel versante nord e di Piano dei Grilli nel versante ovest. Ma ciò che contraddistingue la zona B è l’esistenza di una attività agricola straordinaria presente da secoli.

Grazie all’azione dell’uomo sono stati creati, frutto del lavoro di svariate generazioni, pometi, pereti, vigneti, per lo più adagiati sui terrazzamenti, incisi sul fianco della montagna: Particolare fama hanno raggiunto, per la bontà dei prodotti, i pistacchieti di Bronte, i vigneti di Castiglione di Sicilia, i noccioleti di Sant’Alfio, e Linguglosssa.

Queste aree agricole coesistono armonicamente con isole di formazioni naturali, creando uno degli esempi più significativi esistenti in Sicilia di paesaggio seminaturale. Sparsi in questo grande territorio sono ben visibili vecchie case padronali, masserie, palmenti, case contadine e casolari, espressioni di un’architettura padronale ed austera.

Questo straordinario patrimonio rischiava di scomparire sotto una coltre di cemento per far posto ad una miriade di villette anonime e pacchiane. In seguito all’istituzione del Parco in questa zona sono state vietate in modo generalizzato le nuove costruzioni edilizie a scopo residenziale, mentre invece è stata consentita la costruzione di infrastrutture a servizio dell’agricoltura (magazzini, depositi per attrezzi, cisterne, ecc.). Gli altri divieti riguardano  la caccia, le attività estrattive, la modifica del regime delle acque e il danneggiamento della flora e della fauna.

Sono invece incoraggiate dal Parco le attività tradizionali agricole,.

All’interno della zona B sono stati individuati, dal decreto istitutivo del Parco, dei punti base per l’escursionismo. Si tratta in genere di antiche masserie, alcune di notevole pregio architettonico, che vanno restaurate e utilizzate per la fruizione pubblica.

Zona C- Si trova, in genere, alle quote più basse del vulcano, ad un’altitudine compresa tra 600 e 800 metri sul livello del mare, non molto distante dai centri abitati. I relitti di vegetazione presenti sono tipici di queste quote. Il paesaggio è fortemente contrassegnato da colture agricole ad ulivi, viti, mandorli e pistacchi nel versante occidentale, noccioli in quello orientale. Nella zona C è consentito l’insediamento di strutture turistico ricettive, naturalmente nel rispetto degli ambienti naturali e del paesaggio agricolo tradizionale. Anche in questa zona è vietata la costruzione di seconda case, perché contrariamente alle strutture ricettive sono ritenute incompatibili con la finalità del Parco. Sono altresì vietate la caccia, l’attività estrattive, l’introduzione di specie animali e vegetali ed animali. L’obiettivo che il parco si propone di raggiungere in questa zona è quello di ottenere uno sviluppo, compreso quello turistico, equilibrato ed armonico, compatibile con il rispetto del paesaggio e degli ambienti naturali.

Zona D - E’ la fascia esterna del preparo. Inizia dalla quota più bassa di 580 metri sul livello del mare in contrada Petrulli nel comune di Zafferanno Etnea.

In questa zona, fortemente antropizzata, sono presenti dei relitti di bosco di querce, mentre sono molto estese le coltivazioni di viti ulivo, mandorlo, pistacchio e ficodindia che in colture miste, molto diffuse hanno la classificazione catastale di “chiuse”.

In questa fascia è consentita la costruzione di case rurale le quali, sempre sotto il diretto controllo del Parco, dovranno avere particolari requisiti di finitura utilizzando prevalentemente i materiali locali. Sono anche consentite le attività agricole zootecniche, selvicolture, artigianali ed industriali. E’ vietata la caccia ad eccezione di quella al coniglio. E’ anche vietato esercitare l’uccellagione, danneggiare, raccogliere o distruggere nidi e uova, introdurre specie vegetali o animali estranee alla flora ed alla fauna tipica della zona.

Il preparco- L’area di preparco è estesa circa 14 mila ettari ed è formata dalle zone C (4 mila ettari) e D (10 mila ettari).